Con il “Made in” si indica l’origine di un prodotto con riferimento al luogo dove il bene è stato interamente ottenuto o ha subito “l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, effettuata presso un’azienda attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di lavorazione.”

Per determinare l’origine di un prodotto e poter apporre il corretto Made in è dunque fondamentale verificare scrupolosamente, con l’ausilio di un professionista in materia, i criteri normativamente previsti, evitando così di apporre un’errata indicazione.

La tutela del Made in, volta a proteggere le eccellenze nazionali in determinati settori, è prevista e normata a livello internazionale già nell’Accordo di Madrid del 1891 e sancisce l’obbligo di “indicazione precisa ed in caratteri evidenti del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione“.

Il made in Italy

La normativa internazionale volta alla tutela del Made in contro le false ed ingannevoli indicazioni è recepita dalla legislazione italiana in maniera più stringente e capillare. La tutela del Made in Italy è di primaria importanza trattandosi di un marchio di eccellenza italiana apprezzata in tutto il mondo e sinonimo di qualità, cura dei dettagli, raffinatezza, stile, esperienza e sapere artigiano che ci contraddistingue.

La normativa italiana: differenza tra falsa e fallace indicazione

Con la definizione “falsa indicazione” si intende la stampigliatura “made in Italy ” su prodotti non originari dall’Italia.

A differenza della prima, la “fallace indicazione” si manifesta anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti ma vi è l’applicazione o l’uso di segni, figure, immagini grafiche o lessicali (come la scritta Italia) o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana.

Si può inoltre determinare la fallace indicazione quando vi è l’uso del marchio aziendale, da parte del titolare, con modalità tali da indurre in errore il consumatore portandolo a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49 bis.

Vista la complessità dell’argomento, si presta purtroppo ad interpretazioni e diverse visioni poiché si tratta di stabilire e comprendere in concreto la capacità nella condotta di generare confusione nel consumatore. Si possono così verificare varie fattispecie al momento dell’importazione.

Affidati ad un professionista per evitare errori e sanzioni, Irene Consulting può aiutarti.
Contattaci per maggiori informazioni